Quel 12 maggio 1977 Giorgiana, 19 anni, era in piazza come tanti altri giovani per partecipare al sit-in organizzato dal partito radicale per il terzo anniversario della vittoria del referendum sul divorzio ma soprattutto per dire che non ci stava alle limitazioni alla libertà di manifestare che Cossiga, all’epoca ministro degli interni, aveva introdotto a Roma e nel Lazio come sedicente misura antiterrorismo. Marco Pannella, ostile alla legislazione emergenziale e restrittiva proposta dal governo in carica, decise di confermare la manifestazione.
Oltre ai simpatizzanti del partito radicale, alla protesta si unirono frange della sinistra extraparlamentare e alcuni membri dell’Autonomia Operaia. Presto iniziarono gli scontri tra i cinquemila agenti in tenuta antisommossa e parte dei manifestanti che con il proseguire delle ore divennero sempre più duri. Intorno alle 19 la situazione si fece critica nonostante l’intervento di alcuni parlamentari che cercarono di mediare tra polizia e dimostranti per permettere a quest’ultimi di evacuare le zone coinvolte dai tumulti. Circa un’ora dopo Giorgiana Masi veniva colpita alle spalle da un proiettile calibro 22. Morì sul colpo.
Subito partirono le accuse reciproche. Cossiga e altri membri delle istituzioni affermarono in modo sibillino che Giorgiana era vittima di “fuoco amico”. Molti manifestanti invece dissero che tra la forze dell’ordine vi erano agenti in borghese armati di pistola che avevano sparato sulla folla. Nonostante il rifiuto delle pubbliche autorità di accettare questa versione dei fatti alcune foto (tra cui quella celebre scattata da Tano d’Amico all’agente Giovanni Santone) dimostrarono che quel giorno effettivamente c’erano diversi poliziotti in abiti civili che impugnavano armi da fuoco.
Le inchieste che seguirono non portarono ad individuare l’assassino di Giorgiana.
Oggi Giorgiana resta un simbolo della libertà d’espressione e del diritto a manifestare le proprie idee.
Cronache Ribelli
L’inverno passava qualcuno di lì
Il nastro girava, suonava Lilly Girava il pallone, lo stadio impazzì La voce tremava, l’inverno finìE poi primavera, e qualcosa cambiò
Qualcuno moriva, e su un ponte lasciò Lasciò i suoi vent’anni e qualcosa di più E dentro i miei panni, la rabbia che tuDa sempre mi dai, parlando per me
Scavando nei pensieri miei Guardandomi poi dall’alto all’ingiù E forse io valgo di piùL’estate moriva, Bologna tremò
La dalia fioriva e la gente pensò Dei tanti domani vestiti di jeans Chiamandoli strani, ma non fu cosìE quando m’incontri se pensi di me
Tu sappi che il sole che splende è per te E il grano che nasce e l’acqua che va È un dono di tutti, padroni non haE il grano che nasce e l’acqua che va
È un dono di tutti, padroni non ha